Tu mi darai la mano, io un bacio sulla fronte

Tu mi darai la mano, io un bacio sulla fronte


In questo scritto il mio primo obiettivo consiste nel riflettere sul ruolo che possono ricoprire le parole della canzone di Simone Cristicchi “Quando sarai piccola”trasmessa in un contesto con un’audience molto elevata. Il secondo obiettivo vuole evidenziare l’esistenza di alcune tracce dell’Approccio Capacitante1© nel testo.

Tralascio qualunque opinione personale, come pure le diverse e contrapposte valutazioni, in merito alla canzone stessa proposta all’ultimo Festival di Sanremo.

Il ruolo di una canzone

Da sempre la malattia di una persona viene taciuta e coperta da un silenzio imbarazzato e, talvolta, connotato di vergogna, sia dai familiari che dal contesto sociale. Raramente si definisce una malattia con il suo nome, basti pensare, per esempio, al tumore detto comunemente un brutto male… come se esistesse una malattia bella. Le malattie dementigene poi sono state e sono tuttora stigmatizzate. Sono in corso dei notevoli cambiamenti rispetto al passato, ma le persone smemorate e disorientate tendenzialmente sono emarginate in casa o nelle residenze sanitarie.

In questo contesto, descritto in modo sommario senza la pretesa di essere esaustivo, scrivere e cantare una canzone come “Quando sarai piccola” costituisce un notevole passo avanti. Verso che cosa?

1. Verso la conoscenza realistica degli effetti provocati dalle malattie dementigene e verso la possibilità di stabilire relazioni positive, serene, generatrici di benessere per chi è colpito dalla malattia, per familiari e amici.

Quando questo tipo di malattie irrompono nella famiglia, si verifica un cambiamento non voluto nei rapporti e nell’organizzazione pratica quotidiana di tutti i suoi componenti. Si entra in un tunnel di angoscia da cui sembra impossibile uscire. Sono figlia di una mamma con decadimento cognitivo e ho vissuto in questo tunnel.

C’è quella rabbia di vederti cambiare

e la fatica di doverlo accettare”.

Rabbia, senso di impotenza, di inutilità, paura, angoscia sono le emozioni che invadono i familiari di fronte a questo evento terribile che trasforma il proprio caro sino a non riconoscere più la persona di un tempo. Questo cambiamento è difficile da accettare ed è normale essere invasi dalla rabbia e dalla disperazione.

2. Un altro valore che riconosco a questa canzone consiste nel dare voce ad una preziosa modalità di cura, una “cura fatta con il cuore”.

Così il dottor Vigorelli descrive la persona smemorata e disorientata cognitivamente: “La persona che non si sente riconosciuta e accolta così com’è, con il suo io sano e il suo io malato, nella sua unicità, in definitiva è una persona misconosciuta, col cuore ferito. È una persona che viene a trovarsi danneggiata nel proprio centro unificatore, il cuore, che soffre di solitudine, di mancanza di intimità con l’altro, di perdita del senso del vivere… È qua che nasce la sofferenza delle persone con demenza. La demenza può diventare una malattia del cuore e ha bisogno di una cura fatta con il cuore.”2

Dalle parole della canzone traspare questo tipo di cura attraverso un atteggiamento di delicatezza con cui il figlio si relaziona con la madre come una bambina, non per banalmente infantilizzarla, ma per riconoscerla come una persona bisognosa di tenerezza e di attenzioni.

Quando sarai piccola ti aiuterò a capire chi sei,

ti starò vicino come non ho fatto mai.

Ti insegnerò a stare in piedi da sola

a ritrovare la strada di casa.

Quando ti prenderò in braccio e sembrerai leggera

come una bambina sopra un’altalena.”

Tracce dell’Approccio Capacitante nella canzone “Quando sarai piccola”

Dal 2018 conosco L’Approccio Capacitante© promosso dal dottor Vigorelli; nel Gruppo ABC, rivolto ai familiari di persone disorientate cognitivamente, ho imparato una modalità relazionale che aiuta a mantenere vivo l’uso della parola in chi subisce da parte della malattia il furto di questa permettendo ancora di vivere momenti di felicità possibile.

Nella canzone “Quando sarai piccola” ho avvertito una sensibilità capacitante là dove nella madre disorientata cognitivamente si vede non una malata, ma soprattutto una persona con la sua dignità e con cui si può mantenere una relazione paritaria, affettiva, ricca di momenti piacevoli.

Ma questa possibilità richiede a chi affianca persone con disagio cognitivo di operare in se stessi un cambiamento che, pur riconoscendo la negatività della perdita della memoria, del disorientamento spaziotemporale, dei comportamenti strani, facilita una positiva modalità di vita.

Ripercorro alcuni versi della canzone evidenziando una consonanza con l’Approccio Capacitante©. Questo propone a familiari e amici un percorso di Dodici Passi attraverso i quali cambiare parole e comportamenti inefficaci per acquisire parole e comportamenti adeguati a comunicare verbalmente e a raggiungere frammenti di felicità possibile.

Rallenteremo il passo se camminerò veloce,

parlerò al posto tuo se ti si ferma la voce.

Giocheremo a ricordare quanti figli hai,

che sei nata il 20 marzo del ’46.

Se ti chiederai il perché di quell’anello al dito

ti dirò di mio padre ovvero tuo marito.

Ti insegnerò a stare in piedi da sola,

a ritrovare la strada di casa.

Ti ripeterò il mio nome mille volte

perché tanto te lo scorderai”.

Ecco la difficile ma necessaria trasformazione capacitante.

Imparare a cambiare il nostro ritmo, ad abbandonare la fretta, a rallentare il nostro modo di parlare, a rispettare le sue pause senza concludere le frasi lasciate sospese, perché la persona con disagio cognitivo ha bisogno di tempo per ritrovare le parole disperse nella nebbia della sua mente.

Imparare a rallentare il nostro passo mentre camminiamo, a non svolgere più azioni contemporaneamente con frenesia, cambierà qualche frammento di relazione.

Imparare a non fare domande, a non correggere quando la persona disorientata cognitivamente non si ricorda la sua data di nascita, non si ricorda di avere dei figli e tanto meno il loro nome, non si ricorda di essersi sposata.

Imparare a inventarsi modi semplici, positivi, anche ludici per accompagnarla nell’unico mondo per lei possibile, fatto di tracce del suo lavoro di un tempo, dei suoi gusti, della sua casa d’infanzia, dei suo nonni.

E quando arriverà l’afasia totale si aprirà l’eloquente linguaggio non verbale che varcherà ogni barriera:

Ci sono cose che non puoi cancellare,

ci sono abbracci che non devi sprecare.

Ci sono sguardi pieni di silenzio che non sai descrivere con le parole.

Quando sarai piccola ti stringerò talmente forte

che non avrai paura nemmeno della morte.

Tu mi darai la tua mano, io un bacio sulla fronte”.

Imparare a guardare con tenerezza, a individuare quel suo sguardo, quel suo sorriso, quella sua arrabbiatura, quei suoi gesti che sono propri e unici, con i quali la persona che non riesce più a proferire parola vuole comunicare con chi le sta intorno. Anche mentre ci si prende cura del suo corpo è appunto possibile avviare un “dialogo corporeo”.

Tutti i gesti dell’assistenza (igiene, vestizione, mobilizzazione e nutrizione) oltre che avere un’utilità pratica realizzano un dialogo, un dialogo corporeo. Ogni gesto è una parola della nostra comunicazione”.3

Non so se questo linguaggio sia così potente da eliminare “la paura della morte”,macertamentepermette alle persone con afasia di comunicare sino alla morte.

Simone,

grazie per le parole di questa canzone che hai scritto e cantato.

Daniela Pellerino


1 www.approcciocapacitante.it

2 Vigorelli P., La cura fatta col cuore,Tribuna 119, www.approcciocapacitante.it

3 Vigorelli P., Parlare e comunicare con gli anziani smemorati,Quaderno Anchise n. 5, Youcanprint, agosto 2019, pag. 58

Comments

2 risposte a “Tu mi darai la mano, io un bacio sulla fronte”

  1. Avatar Gabriele
    Gabriele

    Ciao, bellissimo articolo!

    1. Avatar admin

      Grazie Gabriele
      Ti siamo grate per il supporto ed il sostegno che da sempre dai al nostro lavoro.

      Chiara e Daniela

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *